Linfe
Installazione di 16 mutande (2016)
Mutande in tessuto primi del ‘900, tintura naturale a stampa.
Il processo di umanizzazione del corpo è forse la pratica più intensa e violenta a cui la creatura si è sottoposta per ricavare la sua specificità.
Foto Marco Priori
- Installation
- Mostra
- Art in Residence
Il supporto mutande, appartenute a suore di clausura della prima metà del secolo scorso, circoscrive il tema sempre attuale di una relazione incoercibile tra l’investimento dei segni culturali sulla materia vivente per piegarla ad un modello ideale e la persistenza dell’incidenza corporale, solitamente oscurata, e che qui riluce attraverso la segnatura di un ricamo sanguigno.
LINFE di Pietrina Atzori
Forse un artista è tale non tanto per il fare ispirato, la poetica, lo stile e la ricerca formale, ma per il suo essere ferito, punto, costantemente convocato da realtà che arrivano a perturbare la regolarità di segni in cui si vorrebbe tutto risolto.
E’ in questo spazio aperto che l’atto di disseppellimento con cui Pietrina ritrova sedici mutande, appartenute ai corredi di donne che nella prima metà del secolo scorso si sono votate alla vita monacale, ci scuote dall’idea convenzionale sull’essere delle suore, sottoponendoci allo choc di un’ovvietà: anch’esse si arrabattano coi cicli fisiologici, con le quotidiane mansioni d’igiene e toeletta, con la presenza prorompente di un corpo che non si lascia cancellare in cui linfe vitali inarginabili fluiscono nonostante gli abiti claustrali.
Subito il riferimento alla sessualità, che Pietrina amplifica attraverso le linee floreali, sessuali, sanguigne, delle impronte-ricamo, evoca in chi guarda lo spettro di una corporalità incandescente e problematica attraverso cui l’individuo, votato all’ordine, passa e continua a passare.
I sostegni su cui si reggono le mutande vogliono accentuare il carattere incisivo, ortopedico dell’educazione-disciplina che si abbatte sui corpi. Innanzitutto sintetizzando il corpo, poiché la sola parte inferiore sta all’intera creatura.
Quindi per l’uso di un materiale grezzo, semplici rami di albero comune, in parte scortecciati e assottigliati all’estremità con tagli secchi e imprecisi. A terra la parte grossa e nodosa delle gambe descrive la dimensione esistenziale, la matrice terrestre, ben piantata al suolo, che tenta di elevarsi, smaterializzarsi, farsi essenza, tuttavia non arrivando mai davvero ad espellersi o neutralizzarsi ma, tutt’al più, a trasformarsi, trasfigurarsi, traviarsi anche.
L’argilla-sterco, in cui i rami-arti sono impiantati, echeggia le macchie giallognole che nelle mutande riportano la presenza degli escrementi… ma gli escrementi, in mutande di soggetti a cui a malapena si attribuisce un corpo, costringono a ripensare la relazione tra corporeità e spiritualità. L'opera offre dunque una forma alla difficoltà di vivere in corpi forgiati, ma anche travagliati dalla dimensione sociale con le sue immagini beatificanti, nelle quali ci si adopera per transustanziarsi.
- Testo di Michela Rosetti
LINFE è stata installata all'interno della X ^ edizione del Festival NOTTE NERA 2016 - Serra de' Conti - Marche - IT